mercoledì 23 settembre 2009

IL VESCOVO E LA PREGHIERA

DISCORSO DEL SANTO PADRE
del 21 settembre 2009

Cari Fratelli nell’Episcopato!

Grazie di cuore per la vostra visita, in occasione del convegno promosso per i Vescovi che da poco hanno intrapreso il loro ministero pastorale.

Queste giornate di riflessione, di preghiera e di aggiornamento, sono davvero propizie per aiutarvi, cari Fratelli, a meglio familiarizzare con i compiti che siete chiamati ad assolvere come Pastori di comunità diocesane; sono anche giornate di amichevole convivenza che costituiscono una singolare esperienza di quella "collegialitas affectiva" che unisce tutti i Vescovi nell’unico corpo apostolico, insieme al Successore di Pietro, "perpetuo e visibile fondamento dell’unità" (Lumen gentium, 23).

Ringrazio il Cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, per le cortesi espressioni che mi ha rivolto a nome vostro; saluto il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ed esprimo la mia riconoscenza a quanti in vari modi collaborano all’organizzazione di questo annuale incontro.

Quest’anno, il vostro convegno si inserisce nel contesto dell’Anno Sacerdotale, indetto per il 150° anniversario della morte di san Giovanni Maria Vianney. Come ho scritto nella Lettera inviata per l’occasione a tutti i sacerdoti, questo anno speciale "vuole contribuire a promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi".

L’imitazione di Gesù Buon Pastore è, per ogni sacerdote, la strada obbligata della propria santificazione e la condizione essenziale per esercitare responsabilmente il ministero pastorale. Se questo vale per i presbiteri, vale ancor più per noi, cari Fratelli Vescovi. Ed anzi, è importante non dimenticare che uno dei compiti essenziali del Vescovo è proprio quello di aiutare, con l’esempio e con il fraterno sostegno, i sacerdoti a seguire fedelmente la loro vocazione, e a lavorare con entusiasmo e amore nella vigna del Signore.

A questo proposito, nell’Esortazione postsinodale Pastores gregis, il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II ebbe ad osservare che il gesto del sacerdote, quando pone le proprie mani nelle mani del Vescovo nel giorno dell’ordinazione presbiterale, impegna entrambi: il sacerdote e il Vescovo. Il novello presbitero sceglie di affidarsi al Vescovo e, da parte sua, il Vescovo si impegna a custodire queste mani (Cfr n.47).

A ben vedere questo è un compito solenne che si configura per il Vescovo come paterna responsabilità nel custodire e promuovere l’identità sacerdotale dei presbiteri affidati alle proprie cure pastorali, un’identità che vediamo oggi purtroppo messa a dura prova dalla crescente secolarizzazione.

Il Vescovo dunque – prosegue la Pastores gregis – "cercherà sempre di agire coi suoi sacerdoti come padre e fratello che li ama, li accoglie, li corregge, li conforta, ne ricerca la collaborazione e, per quanto possibile, si adopera per il loro benessere umano, spirituale, ministeriale ed economico" (Ibidem, 47).In modo speciale, il Vescovo è chiamato ad alimentare nei sacerdoti la vita spirituale, per favorire in essi l’armonia tra la preghiera e l’apostolato, guardando all’esempio di Gesù e degli Apostoli, che Egli chiamò innanzitutto perché "stessero con Lui" (Mc 3,14).

Condizione indispensabile perché produca frutti di bene è infatti che il sacerdote resti unito al Signore; sta qui il segreto della fecondità del suo ministero: soltanto se incorporato a Cristo, vera Vite, porta frutto.

La missione di un presbitero e, a maggior ragione, quella di un Vescovo, comporta oggi una mole di lavoro che tende ad assorbirlo continuamente e totalmente. Le difficoltà aumentano e le incombenze vanno moltiplicandosi, anche perché si è posti di fronte a realtà nuove e ad accresciute esigenze pastorali. Tuttavia, l’attenzione ai problemi di ogni giorno e le iniziative tese a condurre gli uomini sulla via di Dio non devono mai distrarci dall’unione intima e personale con Cristo.

L’essere a disposizione della gente non deve diminuire o offuscare la nostra disponibilità verso il Signore. Il tempo che il sacerdote e il Vescovo consacrano a Dio nella preghiera è sempre quello meglio impiegato, perché la preghiera è l’anima dell’attività pastorale, la "linfa" che ad essa infonde forza, è il sostegno nei momenti di incertezza e di scoraggiamento e la sorgente inesauribile di fervore missionario e di amore fraterno verso tutti.
Al centro della vita sacerdotale c’è l’Eucaristia. Nell’Esortazione Apostolica Sacramentum caritatis ho sottolineato come "la Santa Messa è formativa nel senso più profondo del termine, in quanto promuove la conformazione a Cristo e rinsalda il sacerdote nella sua vocazione" (n. 80). La celebrazione eucaristica illumini dunque tutta la vostra giornata e quella dei vostri sacerdoti, imprimendo la sua grazia e il suo influsso spirituale sui momenti tristi o gioiosi, agitati o riposanti, di azione o di contemplazione.

Un modo privilegiato di prolungare nella giornata la misteriosa azione santificante dell’Eucaristia è la devota recita della Liturgia delle Ore, come pure l’adorazione eucaristica, la lectio divina e la preghiera contemplativa del Rosario.

Il Santo Curato d’Ars ci insegna quanto siano preziose l’immedesimazione del sacerdote al Sacrificio eucaristico e l’educazione dei fedeli alla presenza eucaristica e alla comunione. Con la Parola e i Sacramenti – ho ricordato nella Lettera ai Sacerdoti – san Giovanni Maria Vianney ha edificato il suo popolo. Il Vicario Generale della diocesi di Belley, al momento della nomina a parroco di Ars, gli aveva detto: "Non c’è molto amore di Dio in quella parrocchia, ma voi ce lo metterete!". E quella parrocchia fu trasformata.

Cari Vescovi novelli, grazie per il servizio che rendete alla Chiesa con dedizione e amore. Vi saluto con affetto e vi assicuro il mio costante sostegno unito alla preghiera perché "andiate e portiate frutto, e il vostro frutto rimanga" (Gv 15,16)
Per questo invoco l’intercessione di Maria Regina Apostolorum, ed imparto di cuore su voi, sui vostri sacerdoti e sulle vostre comunità diocesane una speciale Benedizione Apostolica.


© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana

martedì 22 settembre 2009

NECESSITA' DI UN PADRE SPIRITUALE



Quando il giovane Tobia ricevette l'ordine di recarsi a Rage, rispose: "Non conosco la strada". Il padre gli disse allora: "Va' tranquillo e cerca una guida".

Ti dico la stessa cosa, Filotea. Vuoi camminare verso la devozione con sicurezza? Trova una guida che ti accompagni; è la raccomandazione più importante.

Cara Filotea, prega Iddio, con grande insistenza, che ti provveda una guida secondo il suo cuore; e poi non dubitare: ti manderà una guida capace e fedele.

Quando l'avrai trovato, non fermarti a stimarlo come uomo, e non riporre la fiducia nelle sue capacità umane, ma in Dio soltanto, che ti incoraggerà e ti parlerà tramite quell'uomo.

Parla con lui a cuore aperto, in piena sincerità e schiettezza; manifestagli con chiarezza il bene e il male senza falsità e dissimulazione.

"A tal fine, scegline uno tra mille".dice il devoto Avila; io ti dico, uno tra diecimila, perchè se ne trovano pochissimi capaci di tale compito. Deve essere ricco di carità, di scienza e di prudenza: se manca una di queste qualità, c'è pericolo.

Chiedilo a Dio e, una volta che l'hai trovato, benedici la sua divina Maestà, fermati a quello e non cercarne altri; ma avviati, con semplicità, umiltà e confidenza; il tuo sarà un viaggio felice.


Tratto da: FILOTEA- Introduzione alla vita devota

giovedì 17 settembre 2009

PENSIERI

L' Eucarestia è un nutrimento che ha un dolce sapore. Appiana le difficoltà, guarisce le nostre malattie, scaccia la tentazione, viene in aiuto ai nostri sforzi e conferma nella speranza.

Baudoin De Ford

Chiese brutte:problema educativo o "politico"?

Ho letto ieri l’articolo del Giornale che riportava il giudizio espresso da Mons. Ravasi sulle chiese moderne: «Un certo cattivo gusto nelle chiese, oggi, è un dato di fatto. Per questo è indispensabile una formazione di tipo estetico a partire dai seminari e dalle parrocchie».

Tale intervento è stato accolto favorevolmente, come segno di un’inversione di tendenza della Chiesa in campo artistico. Da parte mia, mi permetto di fare qualche considerazione.

Non voglio parlare del passato; sarebbe del tutto inutile: il passato è passato. Concentriamoci piuttosto sul presente e sul futuro. Ebbene, mi sembra abbastanza comodo — oltreché velleitario — pensare di risolvere il problema appellandosi alla formazione. Oggi sembra che tutti i problemi si possano e si debbano risolvere sul piano educativo.
Per carità, sono il primo a riconoscere il ruolo basilare e insostituibile dell’educazione; ma non è vero che le responsabilità vadano sempre e solo individuate in un difetto di formazione. Perché, se cosí fosse, qualsiasi problema sarebbe esclusivamente un problema della “base”. Il che mi sembra, onestamente, un comodo alibi, con cui i “vertici” cercano di nascondere le proprie responsabilità. I problemi hanno, il piú delle volte, cause “politiche”, e attendono, per essere risolti, soluzioni “politiche”.

Da parte mia, non ho nulla, in linea di principio, contro una “formazione estetica” nei seminari (semmai, mi chiedo come questa possa avvenire in una parrocchia...). Siccome però sono direttamente coinvolto nel lavoro di formazione, ho l’impressione che talvolta ci si attenda troppo da noi formatori: dovremmo essere in grado non solo di dare una formazione spirituale-teologica ai candidati al sacerdozio, ma prima di questa dovremmo assicurare ai seminaristi una formazione umana e culturale, e successivamente dovremmo completare la loro formazione con un addestramento pastorale e con corsi integrativi nei piú svariati settori (che vanno dall’economia alla politica, dalle scienze umane alla tecnologia, e chi piú ne ha piú ne metta: adesso aggiungiamoci anche l’arte). Sinceramente, non vi sembra un po’ troppo? Abbiamo già da sudare sette camicie, perché i candidati giungono in seminario senza alcuna formazione di base: non è piú come una volta che si entrava in seminario da bambini e tutti seguivano, nel seminario stesso, gli studi classici; oggi arrivano con studi un po’ raffazzonati, e tu devi ricominciare da capo, a partire dalle abilità linguistiche di base, spesso carenti (altro che latino e lingue bibliche e moderne...). Figuriamoci, ora dobbiamo dare loro anche una formazione estetica. Ma ci si rende conto che oggi la maggior parte dei candidati viene dal terzo mondo, dove non si ha idea di che cosa sia l’arte? Ma, in ogni caso, si può accettare la sfida, in quanto anche un pizzico di estetica fa parte di una educazione integrale.



Il problema però, a mio parere, non sta qui, nella formazione dei futuri sacerdoti. Semplicemente perché non è il povero parroco che decide della costruzione di una chiesa. È vero, molto spesso la parrocchia viene eretta prima della costruzione della chiesa, per cui il parroco ha una responsabilità nella richiesta e ispirazione dei progetti. Ma poi tali progetti devono essere approvati dalla commissione o dai responsabili deputati in ogni diocesi per l’architettura sacra. Quindi il problema non è tanto quello di avere parroci con senso estetico (ovviamente, se ce l’hanno, tanto meglio); il problema è, appunto, un problema “politico”: sono gli organi diocesani competenti che devono funzionare. Se viene presentato il progetto di una chiesa-scatola, esso deve semplicemente essere cestinato. Ci vuol tanto? Allora il vero problema è, sí, un problema di formazione, ma non tanto di formazione del clero, quanto piuttosto di formazione dei tecnici, di coloro che prendono le decisioni in materia.

Tali organi competenti dovrebbero avere delle regole ben precise, valide per tutti, e non lasciate al gusto personale di questo o quell’esperto. Per esempio, la prima regola, suggerita dal buon senso, dovrebbe essere che, quando si deve costruire una chiesa, ci si deve rivolgere a un architetto cristiano-cattolico-praticante-esperto in liturgia, non a un architetto qualsiasi, fosse pure di grido. Mi dite voi che senso ha far progettare una chiesa a un architetto ebreo o, addirittura, ateo? E poi ci meravigliamo che le chiese moderne sono fredde, senz’anima... Ma che volete che ne capisca di una chiesa un architetto non-credente? Per lui sarà unicamente una questione di luci e di volumi. Ancora una volta dunque si pone, sí, un problema di formazione, ma di formazione di artisti cristiani. Il principio dell’art pour l’art nella Chiesa non trova spazio; o l’arte sacra è espressione della fede (e non di una fede astratta, ma di una fede vissuta), o non è.


Pubblicato da Querculanus sul
blog senza peli sulla lingua

mercoledì 16 settembre 2009

CHIESE O GARAGE?


«Un certo cattivo gusto nelle chiese, oggi è un dato di fatto. Per questo è indispensabile una formazione di tipo estetico a partire dai seminari e dalle parrocchie».


È quanto ha detto monsignor Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia commissione per i beni culturali, illustrando qualche giorno fa ai giornalisti l’incontro del 21 novembre del Papa con gli artisti. Ricordando una frase di padre David Maria Turoldo - il religioso e poeta dell’Ordine dei Servi morto nel 1992 - «oggi le chiese sono come un garage dove Dio viene parcheggiato e i fedeli sono tutti allineati davanti a Lui», Ravasi ha esortato a fare del «linguaggio della comunicazione religiosa un linguaggio estetico».


Idea condivisa anche da Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, per il quale «le chiese, che nel Medio Evo erano prefigurazione del Paradiso, ricche di colori, oggi sono grigie e spoglie. È urgente riscoprire le cose positive che possono costruire l’estetica di domani».Del resto monsignor Ravasi, è un sacerdote e un intellettuale da sempre interessato al mondo dell’arte e al rapporto tra estetica ed etica. In particolare da quando è stato nominato presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia commissione per i beni culturali, due anni fa, ha sempre cercato di favorire una riflessione sull’arte sacra, invitando al confronto anche il mondo laico. «Perché il dialogo con l'architettura c'è: le chiese moderne vengono costruite effettivamente da grandi architetti a livello internazionale, quali Renzo Piano, Mario Botta, Kenzo Tange, Tadao Ando, Alvaro Siza e altri. Però queste chiese nell'interno o sono spoglie, perché hanno soltanto l'architettura della luce, o hanno immagini di cattivo gusto, oppure hanno la presenza dell'artigianato soltanto, e non invece, come accadeva in passato, grandi opere d'arte». «Pensiamo alle grandi chiese del Cinquecento, dell'arte barocca, che avevano in sé la meraviglia dell'architettura, ma anche la presenza di artisti come Bernini, per esempio, oppure Tiziano, Veronese - aveva spiegato in occasione di una lunga intervista lo scorso anno -. Pensiamo alle grandi chiese veneziane, quali presenze altissime hanno, dal punto di vista della storia dell'arte».Ravasi ha più volte sollecitato i grandi artisti contemporanei - per esempio negli Stati Uniti Bill Viola, Anish Kapoor per l'India, per l'Europa Jannis Kounellis - a impegnarsi in progetti di arte sacra: «Grandi artisti, che ritornino ancora a rappresentare le grandi immagini religiose, creando anche un interesse da parte della committenza stessa, cioè delle autorità ecclesiali, affinché ripropongano ancora le grandi opere nell'interno delle loro chiese».


© Copyright Il Giornale, 16 settembre 2009

COLLOQUI CON LA FRATERNITA' SAN PIO X

La S. Sede conferma tempi e nomi dei colloqui con la FSSPX.
L'inizio dei colloqui è stabilito per la seconda meta di Ottobre.

Il mese di Ottobre è affidato alla Madonna del Rosario e ben conosciamo l'impegno assunto dalla FSSPX nella Preghiera...e allora, preghiamo dunque che la Vergine Maria porti l'Unità nella Chiesa affinchè presto possa trionfare maggiormente il suo Cuore Immacolato...noi abbiamo bisogno della FSSPX, ma anche loro hanno bisogno di questa PIENEZZA nella Chiesa.


Commento di Caterina63 al post di messa in latino

martedì 15 settembre 2009

L'Addolorata e la Croce

"Che gran libro è il Crocifisso! E' maestro di tutte le virtù...Il Crocifisso è il libro più sapiente che tu possa leggere. Se tu conoscessi tutti gli altri libri, ma non conoscessi questo, rimarresti nell'ignoranza.
( Padre Francesco Bersini)


San Giovanni Crisostomo afferma che chi si fosse trovato allora sul Calvario avrebbe veduto due altari, dove si consumavano due sacrifici: uno nel corpo di Gesù, l'altro nel cuore di Maria.
San Bonaventura parla addirittura di un solo altare, cioè la croce del Figlio, sulla quale, assieme alla vittima dell'Agnello divino, è sacrificata anche la Madre.


Preghiera
O Maria, Vergine addolorata, tu che ti associasti a Gesù sul Calvario, ottienici il dono di poter imparare la pratica della virtù da quel "libro"eccellente che è il Crocifisso, quel libro che anche tu hai scritto con la vita e con quella mirabile partecipazione al sacrificio salvifico del tuo Figlio crocifisso. Amen


dal libro
L'imitazione di Maria









lunedì 7 settembre 2009

PENSIERI

Non è di una Chiesa più umana che abbiamo bisogno, bensi di una Chiesa più divina, solo allora essa sarà anche veramente umana.

Card. Ratzinger

PAPA: DOPO CONCILIO,NELLA CHIESA TROPPE CONCESSIONI IN CAMPO ETICO


Papa Benedetto XVI ha messo in guardia questa mattina dal rischio di una ''auto-secolarizzazione'' della Chiesa, nata dalla volonta' di aprirsi al mondo dettata dal Concilio Vaticano II ma tradottasi in pratica in una disponibilita' a fare troppe ''concessioni'' al mondo secolarizzato, soprattuto in campo etico. Il pontefice ha lanciato il suo monito parlando ad un gruppo di vescovi brasiliani in Vaticano per la quinquennale udienza 'ad limina'.
''Nei decenni successivi al Concilio Vaticano II - ha ricordato papa Ratzinger -, qualcuno ha interpretato l'apertura al mondo non come una esigenza dell'ardore missionario del cuore di Cristo, ma come un passaggio verso le secolarizzazione, scorgendo in quest'ultima alcuni valori di grande densita' cristiana come l'uguaglianza, la liberta', la solidarieta', e mostrandosi disponibili a fare concessioni e a scoprire campi di collaborazione.
Si e' assistito cosi' ad interventi di alcuni responsabili della Chiesa nei dibattiti etici che corrispondevano alle aspettative dell'opinioni pubblica, ma si tralascio' di parlare di certe verita' fondamentali della fede, come il peccato, la grazie, la vita teologica e le cose ultime''.''Senza accorgersene - ha proseguito nella sua analisi il pontefice -, si cadde in una auto-secolarizzazione di molte comunita' ecclesiali che, sperando di riuscire gradite ai lontani, videro allontanrsi, traditi e disillusi, molti di quelli che erano vicini''. In Brasile, dopo i decenni segnati dalla Teologia della Liberazione che riconosceva nei movimenti sociali i segni di ''liberazione'' portati dal Vangelo, la Chiesa cattolica ha visto negli ultimi anni diminuire sensibilmente il numero dei propri fedeli a causa della aggressiva concorrenza delle ''sette''. Invece, ha ricordato il papa ai vescovi, ''i nostri contemporanei, quando vengono a stare con noi, vogliono vedere cio' che non vedono da nessun'altra parte, ovvero l'allegria e la speranza che sorgono dal fatto di stare con il Signore risuscitato''. Oggi, ha osservato ancora il pontefice, ''c'e' una nuova generazione nata in questo ambiente ecclesiale secolarizzato che, invece di registrare aperture e consensi, vede allargarsi nella societa' il divario delle differenze e della contrapposizioni al magistero della Chiesa, soprattutto in campo etico''. Ma, ha aggiunto infine, ''in questo deserto di Dio, la nuova generazione sente una grande sete di trascendenza''.
agenzia ASCA
da papa ratzinger blog

LA PROVVIDENZA

Non temiamo mai che la santa Messa comporti ritardi nei nostri affari temporali; succede tutto il contrario: stiamo certi che tutto andrà meglio, e che anzi i nostri affari riusciranno meglio che se avessimo la disgrazia di non assistervi. Eccone un esempio ammirevole. Viene riferito di due artigiani, che esercitavano lo stesso mestiere e che dimoravano nel medesimo borgo, che uno di essi, carico di una grande quantità di bambini, non mancava mai di ascoltare ogni giorno la santa Messa e viveva assai agevolmente con il suo mestiere; mentre l'altro, che pure non aveva bambini, lavorava parte della notte e tutto il giorno, e spesso il santo giorno della domenica, e a mala pena riusciva a vivere. Costui, che vedeva gli affari dell'altro riuscirgli così bene, gli chiese, un giorno che lo incontrò, dove poteva prendere di che mantenere così bene una famiglia tanto grande come la sua, mentre lui, che non aveva che sé e sua moglie, e lavorava senza posa, era spesso sprovvisto di ogni cosa.

L'altro gli rispose che, se voleva, l'indomani gli avrebbe mostrato da dove gli proveniva tutto il suo guadagno. L'altro, molto contento di una così buona notizia, non vedeva l'ora di arrivare all'indomani che doveva insegnargli a fare la sua fortuna. Infatti, l'altro non mancò di andare a prenderlo. Eccolo che parte di buon animo e lo segue con molta fedeltà. L'altro lo condusse fino alla chiesa, dove ascoltarono la santa Messa. Dopo che furono tornati: " Amico, gli disse colui che stava bene a suo agio, torni pure al suo lavoro". Fece altrettanto L'indomani; ma, essendo andato a prenderlo una terza volta per la stessa cosa: «Come? - gli disse l'altro. Se voglio andare alla Messa, conosco la strada, senza che lei si prenda la pena di venirmi a prendere; non è questo che volevo sapere, bensì il luogo dove trova tutto questo bene che la fa vivere così agiatamente; volevo vedere se, facendo come lei, posso trovarvi il mio tornaconto». - «Amico, gli rispose l'altro, non conosco altro luogo oltre la chiesa, e nessun altro mezzo fuorché l'ascoltare ogni giorno la santa Messa; e quanto a me, le assicuro che non ho adoperato altri mezzi per avere tutto il bene che la stupisce. Ma lei non ha letto ciò che Gesù Cristo ci dice nel Vangelo, di cercare anzitutto il regno dei cieli, e che tutto il resto ci sarà dato in soprappiù?».

Forse vi stupisce, fratelli? Me, no. È ciò che vediamo ogni giorno nelle case dove c'è devozione: coloro che vengono spesso alla santa Messa fanno i loro affari molto meglio di quelli ai quali la loro poca fede fa pensare che non ne hanno mai il tempo. Ahimè!, se avessimo riposto tutta la nostra fiducia in Dio, e non contassimo affatto sul nostro lavoro, quanto saremmo più felici di quanto lo siamo!

- Ma, mi direte, se non abbiamo niente, non si dà niente.

- Cosa volete che vi dia il buon Dio, quando non contate che sul vostro lavoro e per niente su di lui? Visto che non vi concedete neanche il tempo per fare le vostre preghiere al mattino né alla sera, e vi accontentate di venire alla santa Messa una volta alla settimana.

Ahimè!, non conoscete le ricchezze della provvidenza del buon Dio per colui che si fida in Lui. Volete una prova evidente? Essa sta dinanzi ai vostri occhi; guardate il vostro pastore e considerate questo. dinanzi al buon Dio.

- Oh!, mi direte, è perché a lei viene dato.

- Ma chi mi dà se non la provvidenza del buon Dio? Ecco dove sono i miei tesori, e non altrove.

Omelia del curato d'Ars per la II domenica dopo Pentecoste

giovedì 3 settembre 2009

La preghiera

«Attraverso la preghiera riusciamo a stare con Dio. Ma chi è con Dio è lontano dal nemico. La preghiera è sostegno e difesa della castità, freno dell’ira, acquietamento e dominio della superbia. La preghiera è custodia della verginità, protezione della fedeltà nel matrimonio, speranza per coloro che vegliano, abbondanza di frutti per gli agricoltori, sicurezza per i naviganti»

San Gregorio di Nissa

PENSIERI

Dopo la S. Comunione, trattenetevi almeno un quarto d'ora a fare il ringraziamento.
Sarebbe una grave irriverenza se, dopo pochi minuti aver ricevuto il Corpo-Sangue-Anima-Divinità di Gesù uno uscisse di chiesa o stando al suo posto si mettesse, a ridere, chiacchierare, guardare di qua e di là per la chiesa.

San Giovanni Bosco

mercoledì 2 settembre 2009

Il dono del sacerdozio


Molto tempo fa, così come recitano le Scritture, Nostro Signore disse: la messe è tanta e gli operai sono pochi. Pregate il padrone della messe perché mandi più operai. E’ passato ormai tanto tempo, ma la situazione rimane la stessa o anche peggiore, giacchè dai mezzi di comunicazione ci rendiamo conto che oggi la carenza di sacerdoti è urgente. Sarebbe opportuno riflettere su che cosa ho fatto io concretamente per fare mandare più operai nella messe del Signore. Se è certamente vero che la prima azione da fare è la preghiera,domandiamoci: io ho pregato semplicemente per avere più sacerdoti o perché anche da casa mia escano sacerdoti?I sacerdoti sono persone normali che vengono fuori da altrettanto normali case e famiglie cristiane. Se noi non indichiamo ai bambini sin da quanto sono in tenera età che il sacerdozio ministeriale è una magnifica missione al servizio di Dio, ...


... sarà certamente molto più complicato che i giovani sentano successivamente il richiamo di Dio. Preghiamo dunque per avere più sacerdoti e specialmente sacerdoti buoni e santi.

Padre Ernesto Maria Caro


fonte PONTIFEX

La serietà della liturgia


Castillon Hoyos: la liturgia è una cosa seria...
di Bruno Volpe

Da poco si è conclusa a Barletta la sessantesima settimana liturgica dal titolo Celebriamo la misericordia di Dio, dedicata prevalentemente al sacramento della Penitenza. Inutile dire che il dibattito ha centrato anche la liturgia in genere.Ne abbiamo discusso con il Cardinale colombiano Dario Castrillon Hoyos, Presidente Emerito della Pontificia Commissione Ecclesia Dei,autentico gentiluomo ed esperto di liturgia.

Eminenza, nel corso del dibattito di Barletta, è emerso un dato per altro già conosciuto. Ovvero,la confessione sacramentale vive un periodo di scarsa fortuna, a che cosa si deve?

“ la verità è che oggi è spesso sparito o comunque si è attenuato fortemente, il senso del peccato. La gente non sa riconoscere o non vuole, i peccati veniali da quelli mortali, non ha questo criterio e talvolta se ne costruisce di suoi. Questo,per altro lato, svilisce il senso di colpa e ... il rispetto della Legge di Dio, ovvero dei Comandamenti”.

Solo responsabilità dei fedeli?

“ nella maggior parte dei casi direi di sì, ma è triste e penoso riconoscere che qualche volta le responsabilità stanno anche tra i sacerdoti, che denotano una scarsa disponibilità al sacrificio e alcune volte rappresentano le condotte peccaminose in modo soft, dunque facendo quasi credere che certe cose siano naturali o normali”.

Passiamo ad aspetti tipicamente liturgici, visto e considerato che abbiamo parlato di sacerdoti. Molte volte si parla della Santa Messa come di festa o banchetto,condivide?

“ dunque, la messa è anche una festa, ma non nel senso pagano in cui si crede. Viene prima,ma molto prima, il concetto di sacrificio incruento di Cristo e una volta compreso che la Messa è sacrificio,dono e mistero, si può parlare di festa. Ma limitarsi alla festa è quasi un aspetto protestante,superficiale”.

Secondo alcuni autori e liturgisti sarebbe venuto meno il senso del sacro...

“ vero e condivido, è venuto meno il senso del sacro. Nel senso di rispetto di adorazione, silenzio, venerazione. Ecco, perché la Messa deve recuperare al più preso questo aspetto di sacralità”.

In alcune chiese,specie di stile moderno, il Tabernacolo è finito in seconda posizione, quasi in un cantuccio,come se il padrone di casa desse fastidio...

“ su questo punto io andrei cauto. Credo certamente che la posizione più corretta del Tabernacolo,proprio per favorire l’adorazione, sia centrale, ovvero collocato nell’altare principale. Questo va benissimo in Chiese piccole e specialmente di modesti centri. Il discorso si fa un poco diverso quando pensiamo a cattedrali grandi o città di arte dove le chiese vengono visitate più per motivi turistici che di fede e anche da non cattolici,penso a San Pietro a Roma. In quei casi mettere il Santissimo in una cappella laterale non è male, a condizione che quella cappella sia un luogo consono e degno a quello che ospita”.

Veniamo agli abusi liturgici durante le messe...

“ si potrebbe fare un campionario,ma io qui non voglio polemizzare e tanto meno stilare paragoni. Mi limito a dire che nessuno è padrone della santa liturgia della Chiesa e ci sono due cose che fanno male al senso del sacro, cioè le invenzioni teologicamente campate in aria di alcuni preti e le arbitrarie modifiche ai testi. Si mettano in testa che nessuno è padrone della liturgia,neppure il sacerdote. Spiacevolmente oggi alcuni sacerdoti,per mania di protagonismo, rassomigliano a mediocri intrattenitori televisivi”.

Che cosa pensa delle celebrazione verso oriente?

“ lo ripeto,non voglio fare polemiche. Ma io la penso come il Papa su questo punto. Il sacerdote è mediatore tra i fedeli e Cristo, non è protagonista,ma attua nella persona di Cristo e a lui umilmente si rivolge alzando le mani. Dunque se si rivolge a Cristo,la posizione più logica e naturale e direi teologicamente corretta, è verso Oriente non per un motivo geografico,ma perché oriente rappresenta il Sole, ovvero Cristo. Questo per alcune parti della liturgia come per le preghiere. Mentre le letture e la relativa spiegazione non hanno alcuna necessità di collocazione ad oriente e possono benissimo essere fatte di volto ai fedeli”.

Fonte Pontifex
dal sito Rinascimento sacro





martedì 1 settembre 2009

VANGELO DELLA DOMENICA

domenica 30 agosto 2009

XXII domenica "per annum"
«Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini>>.

Per noi cattolici, la tradizione è un elemento fondamentale: è lo strumento attraverso cui giunge a noi la rivelazione divina. Siccome tale rivelazione è stata affidata agli apostoli, e da questi trasmessa ai loro successori fino a noi, la chiamiamo “tradizione apostolica”. La Chiesa cattolica vive di tale tradizione: è radicata in essa e da essa trae la sua linfa vitale. Interrompere la tradizione significherebbe per la Chiesa firmare la propria condanna. Abbiamo sotto gli occhi la situazione di quelle comunità ecclesiali che, nei secoli passati, avevano iniziato un nuovo corso, pensando di poter stabilire con Dio un rapporto di tipo diverso — personale, spirituale, immediato — che prescindesse totalmente dalla tradizione della Chiesa. È lo stesso destino che attende quei gruppi e quelle comunità, all’interno della Chiesa cattolica, che hanno considerato il Concilio Vaticano II come un nuovo inizio, come una rifondazione della Chiesa, che ignorava completamente venti secoli di storia.

Eppure Gesú, col vangelo odierno, ci mette in guardia dai pericoli che possono nascondersi anche dietro un formale rispetto della tradizione. I farisei erano attaccatissimi alla tradizione, tanto da scandalizzarsi dei discepoli di Gesú, che, secondo loro, non la rispettavano (non si lavavano le mani prima di mangiare!): «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi?». La risposta di Gesú è durissima: «Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».

Tale risposta ci ricorda una grande verità: da una parte c’è il “comandamento di Dio” (piú in generale, potremmo dire: la “divina rivelazione”), dall’altra c’è la “tradizione degli uomini”. Tra queste due realtà esiste una profonda differenza: la prima è una realtà divina; la seconda, meramente umana. Non che, per questo, la tradizione non abbia alcun valore, sia inutile e da rigettare; ma il suo è un valore unicamente strumentale: la tradizione è, come abbiamo ricordato, il mezzo attraverso cui la rivelazione giunge a noi. Essa non può essere assolutizzata; essa non è fine a sé stessa; per sua natura, essa rinvia al “comandamento di Dio”. Nel momento in cui essa si chiude in sé stessa, si distacca dalla fonte che l’ha generata e pretende di essere punto di riferimento ultimo, essa perde tutto il suo valore e può essere tranquillamente abbandonata; diventa, semplicemente, “tradizione degli uomini”.

scritto da Querculanus
dal blog senza peli sulla lingua